Ho voglia di un toast. Toast e succo alla pesca. Spesso la
mattina non mi è chiaro se abbia voglia di fare colazione, lo faccio perché è
norma farlo, col latte di solito. Ma stamane è abbagliante la specificità della
mia volontà. Il toast! E quindi sia fatta la mia volontà.
Avvicino il mio bar
passando sotto dei portici che accolgono altri bar e negozi, evitando di
incrociare sguardi con alcuno, che magari poi mi riconosce e attacca a parlare
di calcio. Se fossi interessato al calcio avrei.. scelto il latte, no?
Proseguo il mio cammino sin quando vengo sorpreso da una
sottospecie di bisbiglio, un richiamo simile a quello con cui si riesce ad
ottenere l’attenzione dei gatti ed io, felinamente, mi volto.
Colui che ha guadagnato la mia attenzione è un bel ragazzone
di colore, ben sportivamente vestito, che un po’ di soppiatto, fugacemente
ammicca invitandomi a seguirlo lungo una galleria che si addentrava per i
portici stessi. – Ma non ci vengo con te,
perché dovrei fidarmi di uno straniero mezzo nascosto che vuole condurmi in
posti loschi, ma che razza di pretesa è?
– penso – e continuando a camminare mi distraggo con considerazioni
inutili ma che non posso fare a meno di fare. - Ma quanta gente riuscirà ad addescare con questo lacunoso metodo? Ma
cacchio che disastro.. dovrebbe presentarsi meglio, tipo quello che ti da
l’elefantino portafortuna e ti dice che è un regalo e ti riempie di complimenti
e sorrisi e appena capisce che c'è margine, si trasforma in patetico
poveraccio bisognoso di cash, che io la prima volta ci ero rimasto male perché
credevo fortemente nel bel gesto del regaloportafortunagratis! .. Magari è ai primi passi, i fallimenti lo
faranno crescere. Che poi cosa voleva vendermi, droga? Le nike? Borse di Gucci
tarocche? L’elefantino? Forse un Toast!!! – Ma poi tipo – continuo a pensare – Come
fa ad essere gìà al matt…. -
- “Basta, io non coltivo più niente, da oggi vado dal
fruttivendolo. Risparmio soldi e tempo, è uno schifo andare avanti così.”
Il mio futile divagare viene distolto da questa frase, che
mi fa un po’ sorridere, spesa da un vecchio pensionato che al tavolo con i suoi
colleghi protesta efferatamente contro qualcosa o qualcuno. E da qui smetto di
pensare al fratello africano, e passo al vecchiaccio. Mi è chiaro che il suo
sia uno sfogo dettato dalla collera, forse ce l’ha coi merli che gli mangiano
l’insalata, o col clima folle, o la grandine, o la smisurata crescita dei
prezzi delle sementi.
Mi piace di più pensare ce l’abbia con la moglie che lo incolpa di una tale e tanta incapacità contadina da non consentirle di mettere in tavola un soddisfacente minestrone di verdure. Le donne, si sa, son così! Sia quel che sia, di sicuro ha bleffato perché..
Mi piace di più pensare ce l’abbia con la moglie che lo incolpa di una tale e tanta incapacità contadina da non consentirle di mettere in tavola un soddisfacente minestrone di verdure. Le donne, si sa, son così! Sia quel che sia, di sicuro ha bleffato perché..
Un pezzo di terra da coltivare per un anziano che non ha
niente da fare tutto il giorno è come un cantiere di lavori in corso per un anziano che non ha niente da fare tutto il giorno e non ha un pezzo di terra
da coltivare.
Giungo al bancone del bar, soddisfatto per queste piccolezze
quotidiane che, per quanto apparentemente irrilevanti, donano sfumature ai
giorni, li rendono unici. Un paese, una piazza, un locale, sono elementi fissi,
non rendono unico un bel niente.
Sono le persone che li riempiono, le loro
parole, i loro gesti, le loro contraddizioni, a rendere ogni giorno, un giorno
diverso, unico, vivo.
Raggiungo il tavolo e lì aspetto la colazione ordinata, seduto,
mentre il giornale che mi è davanti racconta di crisi, riforme e tornado
americani. Dalla cima del giornale sbuca il volto della barista. Chiudo il
giornale per permetterle di appoggiare il vassoio e..
“Mi spiace, abbiamo finito i toast! Se vuoi abbiamo dei
panini.”
Che giornata di merda.